La seconda parte dell’intervista con Martina Rubini: approfondiamo l’evoluzione dei canoni di bellezza femminile italiani.

A fior di pelle è la rubrica di Helixphi dedicata alla bellezza e al senso estetico che ospita regolarmente contributi di artisti, scienziati, professionisti e pensatori per indagare e scoprire le molteplici forme della Bellezza. Una rubrica in cui la bellezza si racconta, si descrive e si comunica attraverso un intreccio di parole, relazioni ed emozioni a fior di pelle. Tanti occhi, tante idee e tanti vissuti per esprimere uno dei concetti più complessi e soggettivi mai esistiti.
Oggi continuiamo la nostra chiacchierata nel salotto virtuale di Helixphi con Martina Rubini, autrice di una tesi magistrale dal titolo “Come ti guardi. Come ti guardano”: una riflessione sull’evoluzione dei canoni di bellezza che oggi affronteremo focalizzandoci soprattutto sull’evoluzione degli immaginari e dei canoni femminili italiani.
Leggi qui la prima parte dell’intervista.
Il progetto di Rubini si è tradotto anche in una ricerca concettuale e iconografica, assegnando ad ogni capitolo un diverso impaginato che potesse seguire meglio e raccogliere i diversi contenuti. Questo aspetto del suo lavoro ci ha colpito molto e abbiamo deciso di approfondire con lei quali aspirazioni particolari l’hanno guidata nel suo studio grafico e fotografico.
Ciao Martina e ben trovata! Leggendo il tuo lavoro abbiamo trovato molto interessante e particolare anche lo stile grafico che hai deciso di utilizzare e la modalità di costruzione del volume nella sua distribuzione tra testo, colori e tipi di carta, mai ripetitiva. Un’esperienza davvero diversa e originale, con una copertina iniziale a specchio e una precisa impostazione cromatica all’interno.
Ma veniamo alla bellezza femminile: se ti chiedessimo di fare una breve istantanea dei canoni estetici radicati nella cultura italiana di oggi, cosa vedresti?
Negli ultimi anni ci sono stati diversi avvenimenti che hanno fatto parlare di canoni estetici e di bellezza femminile. Riporto solamente alcuni esempi di maggior rilevanza.
Sicuramente una delle figure più importanti è l’attrice Matilda De Angelis attiva nella battaglia body positive per l’acne, iniziata sul social Instagram nel 2021:
“Ci sono cose che non si possono controllare e quest’anno ce l’ha insegnato bene. Per me essere un’attrice e lavorare con il volto mangiato dall’acne è una di queste. Ogni giorno devo presentarmi prima davanti allo specchio e poi davanti alla macchina da presa con tutto il carico emotivo che già comporta ed essere ‘splendida’ in parte e concentrata insieme a tutte le mie paure e insicurezze letteralmente a fior di pelle. Volevo condividere questa piccola verità forse per sentirmi più forte, forse per accettarmi meglio. Le nostre paure ci possono paralizzare o possono diventare una grande forza, sta a noi scegliere la strada. E praticare tanta gratitudine per tu te le cose belle che ci accadono e magari, anche per quelle brutte”.
Un altro avvenimento che merita di essere citato risale a Settembre 2020, quando una foto di Vanessa Incontrada nuda appare sulla copertina del Vanity Fair con la citazione “Nessuno può giudicare (nemmeno tu)”. L’attrice e conduttrice voleva così farsi promotrice di un messaggio rivolto a tutte le donne, ed anche agli uomini, e invitare chiunque ad affrontare, capire e celebrare una nuova bellezza. Così con orgoglio e coraggio, l’artista insieme a Vanity Fair diventa l’emblema della body positivity, movimento citato anche prima che mette al bando il body shaming, ovvero ogni forma di bullismo contro il corpo e le sue forme, promuovendo al contrario un’idea di bellezza più inclusiva. Su questa tematica si era anche espresso il direttore della rivista Simone Marchetti affermando:
“La questione è complicata, vede il corpo delle donne in prima linea e annovera tutto quello che ci è stato insegnato con libri, spot, film, moda, cartoni animati e condizionamenti sociali, culturali e famigliari dagli anni Cinquanta a oggi. In fatto di bellezza, oggi sta succedendo quello che è successo alla terra dopo la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo: là dove si pensava finisse il mondo, ne è iniziato un altro. E là dove si pensava finisse la bellezza forse e finalmente ne sta sorgendo una tutta nuova”.



Accanto a dichiarate manifestazioni di body positive tante sono state le apparizioni di body shaming. Sia Matilda de Angelis che Vanessa Incontrada hanno ricevuto pesanti accuse e con loro anche Aurora Romazzotti che aveva mostrato senza timore, proprio come la de Angelis, il profilo mangiato dall’acne.
Un altro avvenimento, proveniente dall’estero, ma che ha riempito social e internet di post e articoli per ben 48 ore di fila, è stata la critica mossa nei confronti della modella armena Armine Harutynyan, comparsa nella classifica delle 100 donne più sexy del mondo stilata dal direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele. L’aspetto non convenzionale della modella ha portato ad una viralità della vicenda, scatenando la reazione degli hater sui social che la consideravano e accusavano di essere lontana dai canoni di bellezza in vigore. Secondo la filosofa e scrittrice Maura Gancitano:
“Dietro delle scelte come queste c’è ovviamette una strategia marketing. Ma i creativi di oggi, dagli stilisti agli showrunner delle serie tv, sono consapevoli di quanto la loro opera influenzi la rappresentazione. Quindi ben vengano le scelte di “rottura”, che permettono ai milioni di persone di indentificarsi in spazi preclusi fino a pochi anni fa. La vera rivoluzione sarebbe però rendere cool l’equilibrio. Dobbiamo cercare una giusta misura. Prenderci cura di noi se vogliamo farlo e se serve, senza ossessionarci e senza nemmeno condannare chi sceglie di lavorare sulla propria bellezza. Per anni abbiamo praticato il body monitoring, il controllo ossessivo del corpo e dei suoi difetti. Ora stiamo passando questa abitudine nociva alla faccia”.



Grazie Martina per questa stimolante conversazione digitale. Ci auguriamo di poterci confrontare anche in futuro su questi o altri temi e, perché no, magari dal vivo. Vieni a trovarci quando vuoi la nostra rubrica sarà sempre ben lieta di ospitarti!
Martina Rubini
Fin da piccola ha mostrato una propensione per l’osservazione estetica del bello: “Il mio iniziale approccio è stato fotografico. Osservavo, frugavo il bello, coglievo il dettaglio, mi avvicinavo, mi immergevo e scattavo. Ho sempre investigato sul bello non sublime, non canonico. In particolare nei miei scatti lo cercavo nel disfunzionale, nel diverso, nelle rughe di un corpo che invecchia, che si fa, così, promotore di un racconto, di un vissuto”. Per pura casualità, durante il suo percorso di studi presso l’Università IUAV di Venezia, al primo anno Rubini è stata coinvolta nel progetto, WOW, riguardante appunto la tematica del bello. Si trattava di un prodotto editoriale collaborativo che dava spazio ad ogni studente di raccontare, in 10 pagine e attraverso il solo utilizzo delle immagini, il personale concetto di canone di bellezza. “In quelle dieci pagine cercavo di spiegare, attraverso una mappatura di diversi volti che meglio rappresentano il canone tipico di diversi paesi, come l’occhio umano è attratto da ciò che reputa familiare e rassicurante e di come, quindi, la bellezza estetica di una persona è un concetto relativo che varia di paese in paese, essendo frutto della propria cultura e della società in cui si vive”.